Eros e istruzione – 3

imgres

Ho concluso la lettura di questo libro (che ho già parzialmente commentato QUI e QUI), interessante per due motivi opposti tra loro:

– da una parte è un chiarissimo esempio di quanto sia frequente (e di quanto successo editoriale abbia) la confusione tra affabulazione retorica e argomentazione logica sul tema della scuola. Recalcati trasforma un vissuto personale e le proprie opinioni (fondate su quali dati?) in un trattato prescrittivo sull’insegnamento (NB. Recalcati non ha MAI insegnato in una scuola). Belle, bellissime metafore (tratte dall’immaginario mitologico-psicoanalitico) dipingono l’insegnante ideale che genera apprendimenti sconvolgenti in modo tanto empatico quanto misterioso (sulla natura dell’apprendimento cita sempre Deleuze, che è notoriamente un geniale autore “decostruttivo”! ovvio poi sostenere che “Non si sa come si apprende, non esiste una tecnica per l’apprendimento: si sa solo che avviene”). Il risultato è infine dichiarare che “L’insegnamento non dipende da una retorica o, come si dice oggi, da una capacità o da una tecnica di comunicazione, ma dal carisma di chi parla, ovvero da come sa rendere vivi, far vibrare, gli enunciati che trasmette”. OK. Il carisma poi non si sa che cosa sia. Insomma, un florilegio di “carismatiche, vive e vibranti” osservazioni su una realtà – quella della scuola – che risulta sepolta sotto cumuli di sovrapposizioni, appunto, retoriche e mitologiche (secondo una dinamica identificata da Barthes e applicata ai discorsi sulle tecnologie educative da Pier Cesare Rivoltella in un suo post);

– dall’altra parte il libro evoca una serie di elementi, forse molto scontati, ma che mi ha fatto piacere leggere e che mi hanno stimolato alcune osservazioni:

1. la centralità dell’insegnante: “La tesi principale di questo libro è che quel che resta della Scuola è la funzione insostituibile dell’insegnante. Questa funzione è quella di aprire il soggetto alla cultura come luogo di «umanizzazione della vita», è quella di rendere possibile l’incontro con la dimensione erotica del sapere” (la mia pratica di insegnante mi ha da tempo rivelato che nel rapporto educativo è determinante anche la componente erotica; d’altra parte non è possibile – come fa Recalcati – contare esclusivamente su un indefinibile “carisma” che dovrebbe contraddistinguere il vero insegnante; la mia idea, che conto di sviluppare, è l’estensione della dimensione erotica – legata al desiderio – con il riferimento alla cura, alla philìa e all’àgape, che suggeriscono un ventaglio di habitus docendi in grado di indicare molteplici strategie per la gestione della dinamica educativa, non basate soltanto sulla passionalità);

2. la dimensione creativa (poetica e individuale) di ogni dinamica educativa: “Non c’è acquisizione autentica, soggettivata, del sapere senza uno sforzo di poesia, se la poesia è la pratica che rende assolutamente singolare l’universalità della lingua” (è vero che ogni percorso formativo è individuale e singolare, però sempre in rapporto con una proposta che necessariamente risulta “universale”; non è pensabile attivare nella scuola una “personalizzazione integrale” dell’apprendimento; se da una parte è importante riconoscere la singolarità dell’allievo – e anche dell’insegnante -, dall’altra è funzione centrale della scuola quella di mettere ciascuno – allievi e insegnanti – in grado di mediare la propria singolarità con un “oggetto cognitivo” che è uguale per tutti: le norme della convivenza civile, le regole della vita sociale, le conoscenze elaborate dalle scienze, i valori riconosciuti dalla comunità, la ricchezza dell’immaginario estetico, lo sviluppo storico dell’umanità ecc. – affrontare e non evitare questo scontro/mediazione è il terreno della poesia educativa);

3. l’inesausto valore della lezione frontale: “il vero cuore della Scuola è fatto di ore di lezione che possono essere avventure, incontri, esperienze intellettuali ed emotive profonde. Perché quello che resta della Scuola, nel tempo della sua evaporazione, è la bellezza dell’ora di lezione” (è vero che una “bella lezione” è bella, memorabile ed efficace; riconosco di essere un affezionato cultore della bella lezione frontale e non proporrei mai di escluderla dal ventaglio delle modalità di mediazione didattica; ma che cosa facciamo se una lezione frontale risulta “brutta”, anche contro tutti gli sforzi e le acrobazie del carismatico insegnante? ecco che entra in gioco l’amore per gli studenti, quello che suggerisce di avere sempre una strategia educativa alternativa: fare un passo indietro – o di fianco alla cattedra – e ribaltare, flipping, la prospettiva: considerare la lezione come uno tra i molti panorami formativi possibili, probabilmente il set più erotico di tutti, ma anche l’erotismo alla lunga stanca!).

PS. tutto quello che Recalcati dice a proposito delle tecnologie educative non ha alcun senso (memorabile la sua invettiva psicoanalitica contro l’uso delle slides! : “L’uso ormai massiccio delle slides nella pratica comune dell’insegnamento di ogni ordine e grado può essere letto come il sintomo di questa difficoltà di esporsi all’evento imprevedibile della parola. Se tutto è già scritto, la trasmissione consisterà nella sua ripetizione ordinata, scontata e, dunque, fatalmente burocratizzata. Diversamente, un insegnamento che vuole mantenersi fedele al suo compito saprà evocare l’impossibile da trasmettere, l’impossibile da apprendere, l’impossibile da insegnare” – e anche l’impossibile da capire!!??).

Leave a comment